SIMONA BERTOCCHI SCRITTRICE

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sabato 10 novembre 2012

FRIDA KHALO

         
Si può amare o odiare Frida Kahlo come accade per i personaggi complessi e sfaccettati ma Frida non era un personaggio era une persona incapace di mascherare le sue manie, le sue fragilità, la sua follia, la sua passione fatta di sangue e amore. Frida era vita che pulsa nonostante la sua esistenza sia sempre stata sfiorata dall'ombra della morte- "La vita insiste per essermi amica e il destino mio nemico", scrisse in una delle sue tante lettere.
Quelli che non conoscono Frida  non devono necessariamente leggere sue biografie: per conoscere la sua anima, è sufficiente guardare i suoi quadri.
A differenza della maggior parte degli artisti, Frida è quasi sempre la protagonista dei suoi quadri e attraverso le sue opere entriamo nei passaggi della sua vita scoprendone la forza, il coraggio, la passione, la presenza costante della morte sempre unita alla celebrazione della vita.
Dipinti di vita e di morte quindi. I suoi sono disegni primitivi, quasi naif, entrano nel particolare e lo ingigantiscono , lo rendono quasi grottesco, palpitante.



          Nacque a Coyocán, una delegazione di Città del Messico, da una famiglia ebraica di origine ungherese e spagnola, emigrata in Messico nel 1891. Mutilata da malattie e da un grave incidente "Ho avuto due gravi incidenti nella mia vita. Il primo fu quando un tram mi mise al tappeto, l’altro fu Diego” disse una volta, ma non fu mai rassegnata. Impegnata come artista che etichettarono surrealista ( anche se lei non voleva etichette)  e militante nel partito comunista messicano, le furono attribuiti molti amanti, non solo l'amore della sua vita Diego Ravera ma anche  Trotsky (a cui ha dato asilo politico), allo scultore Noguchi, forse André Breton e Tina Modotti.
Tanto coraggio, forza e passione in una creatura minuta che ha sempre dovuto accettare con grande dignità le dure prove della vita.
           Nella sua casa museo la data di nascita è volutamente errata, nacque nel 1906 ma lei ha sempre mentito sulla sua data di nascita perché voleva che risultasse dello stesso anno della rivoluzione messicana, Frida dichiarò, quindi,  al modo di essere nata nel 1910.
          Sua madre era di salute cagionevole e fu allattata da una balia.  C’è un quadro, uno dei meno conosciuti “La mia balia ed io” che la ritraggono mentre la balia la allatta, Frida la dipinge con il corpo da bambina e la testa da adulta, lo sguardo aperto verso il mondo, mentre si nutre sembra una vittima sacrificale, prende quel latte-sangue che rappresenta la linfa della sua terra, le radici del Messico tribale.
          Trascorse l’infanzia a Coyoacan, (la sua casa azzurra di Coyocan sarà sempre il suo porto sicuro) pochi anni dopo la sua nascita scoppiò la rivoluzione messicana e, seppur una bambina, si interessò da sempre della questione politica del Messico
A soli sei anni le fu riscontrato una forma di poliomelite, tuttavia non smise di fare sport, allenare la gamba più corta e camuffarla con più calze e scarpe pesanti , insomma pretendeva , nel limite, una vita il più normale possibile.
"Le cicatrici sono aperture attraverso le quali un essere entra nella solitudine dell'altro", scrisse
Studiò inizialmente in una scuola tedesca, e nel 1922, aspirando a diventare medico, s’iscrisse alla Escuela Nacional preparatoria. Qui si legò ai Cachuchas , un gruppo di studenti con un berretto come segno distintivo sostenitori del socialismo nazionale, e iniziò a dipingere per divertimento i ritratti dei compagni di studio.Il suo primo amore fu Alejandro Gomez Arias , studente di diritto e giornalista, leader e ispiratore dei Cachuchas .
A 18 anni, al ritorno da scuola, un incidente su un autobus cambiò per sempre la sua vita. Una sbarra di ferro la trapasso schiacciandole il bacino e frantumando in tre punti la sua spina dorsale. Fu costretta a subire 32 operazioni e a vivere per sempre con terribili busti di ferro.
"Non sono malata. Sono rotta. Ma sono felice, fintanto che potrò dipingere."
Ovviamente questo compromise anche la possibilità di avere figli , ebbe numerosi aborti spontanei e la gioia per un lungo periodo di essere incinta ma, anche il quel caso, non partorì. 
        Nonostante questa vita segnata nel peggiore dei modi la sua frase qualche giorno prima di morire nel 1948 fu VIVA LA VIDA e , in sedia a rotelle, partecipò alla manifestazione contro la destituzione da parte della CIA del presidente guatemalteco Jacobo Arbenz Guzmàn.
Era una donna eccentrica, fiera, attaccata alle sue radici al punto da vestire quasi solo con  gli abiti del folclore messicano , quello delle donne Tehutantepec.
Il suo amore per la vita, per l’arte, per il suo Diego era smisurato, non vedeva ostacoli, proseguiva coraggioso.
Riuscì a diventare una delle più grandi pittrici del secolo scorso , viaggiò moltissimo, fu attiva in politica, nella difesa delle donne, nell’istruzione ai giovani artisti, non smise mai di dipingere, era linfa vitale, dipingeva anche da sdraiata o in posizioni scomodissimi con l’aiuto di specchi , ebbe folli passioni e un solo grande folle amore che sposò due volte : Diego Rivera. Rivera si innamorò prima dei suoi quadri, dello stile di Frida, tanto che la prese sotto la sua protezione, la aiutò nel campo artistico e la introdusse nell'ambiente politico e culturale messicano.

Nel '28 conobbe Diego Rivera: lui aveva quarant'anni ed era un artista molto famoso, lei venti di meno. Sapeva che il pittore era un noto seduttore , anche se brutto, grande e grasso (alto un metro e ottanta, nel '31 pesava centocinquanta chili), Rivera conquistò moltissime donne e Frida (che era alta un metro e sessanta e pesava quarantanove chili) si separò da lui solo quando lo seppe amante anche di sua sorella Cristina (alle altre donne si sentì sempre superiore, ma quando risposerà Rivera una seconda volta nel '40, pose delle ferree condizioni).
Il rospo e la farfalla  li chiamavano . Rivera aveva qualcosa di magnetico oltre alla grande personalità e vitalità: era spiritoso, molto disponibile, considerato da tutti un genio, apprezzava le donne dicendo che erano superiori agli uomini perché più sensibili, più belle, più buone.
Nel loro primo incontro Frida andò a trovarlo mentre dipingeva un affresco, riuscì a farlo scendere dall'impalcatura per mostrargli i suoi quadri e chiederne un parere. Diego dopo aver visto i quadri con grande interesse concluse con un "hai talento" e da quel giorno non si lasciarono mai se non nel breve periodo della loro separazione (1935-36). Fu un amore coinvolgente e travolgente fatto di contrasti e affinità elettive.
Ebbero una vita tempestosa ma ricca emotivamente e artisticamente, tutti e due reciprocamente avevano un disperato bisogno dell'altro. 

Nel 1929 sposò il suo Diego ed ebbe inizio un altro calvario, questa volta sentimentale. Nonostante il matrimonio con Rivera, Frida non rinunciò mai però alla sua libertà. Il loro matrimonio fu tutt'altro che tradizionale, entrambi ebbero relazioni parallele e relazioni  extraconiugali, si lasciarono infinite volte, arrivando persino a divorziare per poi risposarsi.

      Tornando ai suoi quadri, erano quasi tutti di piccolo formato, li trovava più intimi, una sorta di diario dipinto. Tutti i suoi quadri rappresentano chi è Frida, il suo dolore, la sua rassegnazione , le sue paure, la speranza, sono un grido soffocato o un canto che si eleva versa il cielo, sono il sole o la luna. Le ferite subite, la sofferenza quasi escono dalle tele, hanno un impatto molto forte alla vista e non parlo solo per i colori stridenti ma anche per il loro significato.
Quando abortì disegnò “ Il letto volante” . Lo dipinse a Ditroit , odiava le città americane, soprattutto Ditroit, ma ci andò per seguire Rivera , per amore totale verso quell’uomo.
Realizzò così questo quadro dove troviamo un letto ospedaliero in un paesaggio deserto e desolante: lei è distesa nuda in una pozza di sangue, una grossa lacrima bianca scende dal viso, la sua mano tiene un filo-cordone rosso sangue che si aprirà alla rappresentazione di sei strane figure con al centro un feto, il bambino non nato. Dolore, solitudine, tristezza, disgrazia, desolazione e quant'altro sono i sentimenti che questo quadro suscita, ma Frida riuscirà a superare anche questa mancanza di maternità trasferendo il suo amore verso la vita, verso i bambini degli altri, compresi i figli di Rivera o i suoi nipoti, verso gli animali (tantissime sono le immagini di scimmiette e pappagalli o le analogie con gli animali ….. come quando si immagina come un cervo ferito) , verso la pittura, la politica, la lettura e l’arte.
      
          “Qualche piccolo colpo di pugnale” è un quadro di Frida basato su un fatto di cronaca, rappresenta bene lo stato d'animo della pittrice al momento della separazione da Rivera, una conferma del suo dolore tanto che si tagliò i capelli, smise di indossare il costume da tehuana tanto caro a Rivera, se ne andò di casa e si recò a New York.

       C’è speranza però nei suoi messaggi, nonostante le immagini cruenti. Nel quadro «Autoritratto con collana di spine e colibrì» (1940), una collana di spine cinge il collo e provoca ferite sanguinanti, tuttavia lo sguardo di Frida continua a guardare impassibile davanti a sé , affiancata da un colibrì che rappresenta la vita.

         “Le due Frida” è il quadro più famoso della Khalo, quello di grandi dimensioni. Qui le ferite sono quelle psichiche segnate dalla vita, non c’è sofferenza nel volto delle due Frida , c’è fierezza, lo sguardo è fisso e dignitoso. C’è la Frida col cuore trafitto , quella lasciata da Rivera, ha un abito bianco macchiato di sangue. L’altra cuore invece è integro , è la Frida vestita con l’abito tipico messicano, quella amata da Rivera e tiene in mano un piccolo medaglione con Diego bambino.

Le due donne sedute nella stessa posizione, si tengono per mano e sono legate da un cordone che parte dal cuore sano per arrivare a quello malato. Sullo sfondo un cielo tempestoso.
        Il tema del dolore e del corpo ferito è sempre ricorrente nelle sue opere e «La colonna spezzata» (1944) è una delle più eloquenti. Qui Frida è imprigionata in un busto d’acciaio che ne impedisce i movimenti e che al contempo lo tiene insieme. Dal collo in giù parte uno squarcio che lascia intravedere una colonna classica, spezzata in più punti, che sostituisce simbolicamente la colonna vertebrale ormai deteriorata. Una miriade di chiodi sono conficcati nel suo corpo nudo. Le lacrime sgorgano silenziose ma i lineamenti non sono quelli di una persona piangente. Anche la Frida spezzata guarda dritto davanti sé.

Pochi anni prima della sua morte le venne amputata la gamba destra, ormai in cancrena. Morì di embolia polmonare a 47 anni nel 1954. Fu cremata e le sue ceneri sono conservate nella sua Casa Azul, oggi sede del Museo Frida Kahlo . Le ultime parole che scrisse nel diario furono: “Spero che la fine sia gioiosa e spero di non tornare mai più”.

         Le furono attribuiti molti amanti etero e omosessuali ma lei non se ne curò libera come la sua arte dove non si riconobbe né surrealista come la definiva Breton,  né realista come la definiva Rivera: quel che è certo è che fu unica nella sua arte e anche Picasso in una lettera a Rivera disse così: « Né Derain, né tu, né io siamo capaci di dipingere una testa come quelle di Frida Kahlo ». E, se lo diceva Picasso ...
         "... E’ la prima volta nella storia dell’arte che una donna esprime con totale sincerità, scarnificata e, potremmo dire, tranquillamente feroce, i fatti e particolari che riguardano esclusivamente la donna. La sua sincerità, che si potrebbe definire insieme molto tenera e crudele, la portò a dare di certi fatti la testimonianza più indiscutibile e sicura; é perciò che dipinse la sua stessa nascita, il suo allattamento, la sua crescita dentro la sua famiglia e le sue terribili sofferenze, e di ogni cosa senza permettersi mai la minima esagerazione né divergenza dai fatti precisi, mantenendosi realista e profonda, come lo é sempre il popolo messicano nella sua arte, compresi i casi in cui generalizza fatti e sentimenti, arrivando alla loro espressione cosmogonica ..." ( Diego Rivera)

Voglio chiudere questo post con una delle frasi più belle della poesia:

È lecito inventare verbi nuovi? Voglio regalartene uno: io ti cielo, così che le mie ali possano distendersi smisuratamente, per amarti senza confini.

Simona Bertocchi


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La mia foto
Simona Bertocchi è nata a Torino, toscana di adozione, vive attualmente a Montignoso, provincia di Massa Carrara. Lavora nel settore del turismo, ma l’altro mestiere, ormai in parallelo, è scrivere. Nel 2016 ha festeggiato I suoi 10 anni di carrier letteraria reglandosi il suo ultimo libro. Al momento ha 7 libri editi, alcuni dei quali giunti alla seconda edizione. Tanti i media che si sono occupati della promozione e recensione delle sue pubblicazione dalle testate giornalistiche, alle radio, alle televisioni nazionali e locali. Si occupa anche di volontariato essendo segretaria di uno sportello d'ascolto anti violenza. E’ appassionata di viaggi, di letteratura e di tango (che balla da qualche anno) Organizza e conduce salotti culturali e letterari in Toscana in collaborazione con importanti associazioni culturali, case editrici e librerie. SITO INTERNET: http://www.simonabertocchi.it